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La vera storia della Cassata Siciliana

03 Feb

cassata sicilianaMolti credono che la cassata siciliana sia di origine araba, associandone la nascita all’introduzione dello zucchero di canna da parte degli Arabi durante la loro dominazione.
Una leggenda narra che nell’850 dopo Cristo un pasticciere saraceno mescolò, in un recipiente semisferico di rame (il qasàt), della ricotta di pecora con lo zucchero di canna. Il risultato fu sorprendente e, non sapendo che nome darle, la chiamò “qasàt”: da lì Cassata.
Una bella storiella. Peccato non sia vera.
Già nella Grecia Antica e nella Magna Grecia veniva preparato un dolce di cacio addolcito con il miele, che, nel tardo latino prese il nome di “CASEATUS” o “CASEATA”. Infatti, è sul Declarus, il primo vocabolario siciliano latino scritto da Angelo Sinesio, primo abbate di San Martino delle Scale vissuto dal 1305 al 1386, che si trova la prima definizione di cassata: “Cibus ex pasta pani set caseus compositus”. Si trattava però di una cassata al forno.
Fu solo nel 1700 che la forma del dolce assunse un aspetto simile a quello attuale, e fu alla fine del 1800, l’epoca dei Florio, che arrivò la famosa decorazione di frutti canditi.
Un pasticciere palermitano, tale Cavaliere Salvatore Gulì, che si fregiava del titolo di “Confetturiere di Casa Reale”, sostituì la pasta frolla con il pandispagna, suggellando così il passaggio dalla cassata al forno alla “cassata alla siciliana”.
Anche l’abbellimento barocco si deve alla “Pasticceria dei Fratelli Gulì” di Corso Vittorio Emanuele 101/107 che, nel 1887, era specializzata in frutta candita. Complice un magazzino di canditi invenduti, pensarono di metterli sopra la cassata al forno, ma questa, sotto il peso dei canditi, tendeva a schiacciarsi. Un giorno, mentre Salvatore fumava il suo sigaro sulla porta secondaria che dava in via dei Bottai, vide delle botti smontate e notò le loro doghe. Fu così che ebbe l’idea di creare delle piccole doghe in pasta di mandorla che disposte a cerchio, attorno alla cassata, la cingessero in modo tale da non farla collassare più sotto il peso dei canditi.
Per renderla ancora più bella la decorarono con la glassa.

Da “ai fornelli con Benedetta”

 
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Pubblicato da su 03/02/2020 in Uncategorized

 

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